05 novembre 2010

SCOPERTA A GIZA

Il CAIRO - EGITTO 4/11/2010
Una missione archeologica condotta dal Consiglio delle Antichità Egiziane porta alla luce una parte di un lungo muro di cinta costruito attorno alla Sfinge, al fine di proteggerla contro il vento e la sabbia.

Un equipe di archeologi diretti da Zahui Hawass, il mediatico segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egiziane, porta alla luce un lungo muro di mattoni la cui data corrisponderebbe al regno di Thoutmosis IV. Questo muro sarebbe stato edificato 3.400 anni fa attorno alla Sfinge per protezione contro la sabbia e il vento.
Le vestigia di due parti di unl muro sono stati scoperte sulla piana di Giza: il primo misura 75 cm di altezza e si estende su 86 mt da nord a sud lungo il lato del tempio di Khephren; il secondo misura 90 cm di altezza e situato a nord del tempio su una lunghezza di 46 mt. Fino qui, solo una parte é considerata come elemento di costruzione indipendente; si tratta di un altro pezzo di 3 mt di altezza per 12 mt di lunghezza. Questa nuova scoperta, proverebbe, al contrario che la scultura una volta era completamente circondata e protetta da un vasto recinto.
Per il prof. Hawass, questo muro di cui l'esistenza era confermata da alcuni antichi testi, daterebbe sotto il regno di Thoutmosis IV. Secondo la leggenda, avrebbe deciso questa costruzione dopo avere fatto un sogno nel corso del quale la Sfinge gli avrebbe chiesto di liberarla dalla sabbia e di proteggerla, promettendo in cambio che sarebbe diventato faraone.
Gli scavi sul sito stanno proseguendo cosi di trovare altri elementi in questo recinto. Inoltre, la squadra egiziana a portato alla luce resti di un muro in mattone. Secondo il prof. Hawass, potrebbe trattarsi di vestigia delle fondamenta della Piramide di Khephren.

(articolo pubblicato sulla stampa francese artclair.com)

01 novembre 2010

CONFERENZA

Mercoledi 10 novembre 2010, ORE 20.45 c/o Il Centro Sociale Borgo Via Saviotti 1 - FAENZA
"Il grido di Merlino" Un percorso nei dedali delle leggende e delle tradizioni locali, tra il Graal come simbolo femminile, l'alchimia ed altro ancora"

STORIA DELLA SINDONE: TRA FANTASIE E VERITA? UN MISTERO LUNGO SECOLI

IX Convegno romano sul tema "Energia, energie un termine, infinite manifestazioni - sabato 30 ottobre 2010 c/o Facoltà Valdese di Teologia -Aula Magna ROMA
Conferenza di Anna Maria Mandelli

LA SCOPERTA

Articolo pubblicato su Il Resto del Carlino del19/10/2010: "Da una zucca esce il dna di Luigi XVI"
Antropologi molecolari e genetisti forensi della nostra università hanno recuperato il DNA dal sangue attribuito a Luigi XVI, il re di Francia ghigliottinato dai rivoluzionari il 21 gennaio 1793, i cui resti ematici sono stati rintracciati all'interno di una preziosa zucca pirografata. E alcuni marcatori genetici tratti dal dna mitocondriale e dal cromosoma Y, concordano con tratti che, secondo i dipinti dell'epoca, contraddistinguevano il sovrano, vedi gli occhi azzurri.
Secondo le cronache del tempo furono molti i cittadini che salirono al patibolo per immergere i loro fazzoletti nel sanque del monarca e avere un ricordo dell'esecuzione. Il team composto da Davide Petterner, Donata Luiselli, Susi Pelotti e Carla Bini in collaborazione con il gruppo guidato da Carles Lalueza-Fox ricercatore del Consejo Superiori de Investigaciones (CSIC) di Barcellona, ha analizzato i residui lasciati da uno di questi fazzoletti e i risultati ottenuti dall'analisi genetica condotta indipendentement nei due laboratori, lasciano supporre che il DNA estratto possa appartenere al re di Francia.
Nonostante non sia rimasta traccia del fazzoletto, gli scienziati sono riusciti ad analizzare i residui di una sostanza marrone rimasta depositata all'interno di una zucca posseduta da una famiglia romagnola dalla fine dell'800 e di grande valore antiquariale. Essa dimostra infatti le immagini di vari attori della rivoluzione francese, come Georges Danton, Maximilien Robespierre, Jean-Paul Marrat, la regina Maria Antonietta e Luigi XVI stesso.
Interessante, insieme alle immagini, il testo scritto in cui si racconta la storia di uno dei testimoni dell'esecuzione. Grazie a esso si sa che Maximilien Bourdaloue immerse il suo fazzoletto nel sangue, lo mise nella zucca e ordinò a un artista parigino, Jean Roux la decorazione che si concluse il 18 settembre 1793, spiegano i ricercatori del team bolognese, che lavorano nei laboratori di Antropologia molecolare e Genetica forense. L'intenzione di Bourdaloue era di vendere la zucca per 500 franchi a L'Aquila, un soprannome forse riferito al giovane Napoleone.